Il tango come terapia
Oramai da molti terapisti europei, oltre che da quelli argentini, il ballo viene visto come un possibile strumento di terapia.
Questo non solo per persone con problemi relazionali, ma anche per persone con patologie come Parkinson ed Alzheimer fino alla depressione, o semplicemente per migliorare la qualità della vita di persone anziane o sole.
Il tango in particolare, per le sue infinite sfumature musicali e per la sua complessa tecnica di ballo, oltre che per la sua perculiare intimità di “connessione” tra i ballerini, sembra essere particolarmente appropriato per terapie mediche, al punto che è stato anche coniato il termine di Tangoterapia.
Per una bibliografia di base è possibile consultare la sezione “libri“.
Io, tu, e “l’Abbraccio”: il Tango come terapia di relazione
Facendo una prova con un operatore sanitario della sindrome di Burnout, ho incontrato tutti i criterii. Egli elenca le raccomandazioni familiari per seguire le quali nessuno ha tempo: “Cura di sé”, “esercizio”, “sonno”, “mangiare”. Le stesse che faccio ai miei pazienti.
A casa, tra il mio compagno ed io, anche noi abbiamo bisogno di un intervento radicale.
Nella maggior parte delle coppie a lungo termine, l’unione fisica è la prima ad andarsene. Helen Fisher, la guru della neurobiologia dell’amore, ha dimostrato che l’accarezzamento ed il tenere le mani, aumenta i livelli di ossitocina, l’oromone dell’attaccamento. Ha scritto su come la vicinanza e l’orgasmo aumentino anche la serotonina. Lei è una sostenitrice della “fingere finché non lo fai”. La mente finirà per recuperare il ritardo con il corpo.
Così abbiamo deciso di ballare .
Abbiamo scoperto che l’appartamento di un amico sarebbe stato vuoto per alcuni mesi a San Telmo, Buenos Aires, e ci siamo diretti a Buenos Aires per café con leche e tango.
Buenos Aires è la capitale della psicoanalisi. Si scherza dicendo, “Ci sono due psicoanalisti per ogni argentino”. A Buenos Aires, la psicoanalisi costa tanto quanto due tazze di caffè, i tassisti vogliono discutere i loro sogni, e ad ogni angolo si può trovare un istituto lacaniano. Ma la mia partner ed io non siamo venuti per la psicologia. Almeno, non nel modo in cui di solito è praticata.
Arriviamo a San Telmo di Domenica. Camminiamo per le strade lastricate a Parque Lezama, dove coppie di tutte le età ballano tango per una band dal vivo sotto una serie di luci gialle di Natale. Mentre pesto un mucchio di merda di cane, chiudo gli occhi e immagino di essere sulla riva sinistra di Parigi, nel 1920. La nostalgia gocciola dalla musica nei testi che intonano, come un lamento, “La sua risata, il suo alito come il fuoco accanto alle labbra…”
La Terapia di coppia è già iniziata.
Sono pronto a prendere fuoco sulla pista da ballo, ma la mia partner protesta.
“Non abbiamo idea di come ballare tango”, dice.
“Non importa,” dico, mentre la trascino in milonga – il cerchio di ballerini si muove costantemente in senso orario.
Questa interazione evidenzia una verità profonda nel nostro rapporto – la mia impulsività prepotente temperata dalla sua praticità. Siamo d’accordo per fare una lezione come prima cosa l’indomani mattina.
Attraverso un amico, troviamo Helen La Vichinga (“The Viking”), così chiamata per i suoi islandesi occhi azzurri, zigomi alti, capelli biondi e fisico robusto. Troviamo il campanello su una porta di una vernice scrostata e saliamo una scalinata con il terzo gradino mancante ad ogni scala. In contrasto con l’esterno, l’interno vanta soffitti alti con lampadari, pavimenti in legno, pannelli, porte francesi ed un balcone in ferro battuto.
Helen si è avvicinata al tango, come molti fanno, dopo una perdita. “Sono cresciuta in Islanda ed ho sposato il mio fidanzato del liceo”, ci dice. “Mio marito, un pescatore, morì in mare, lasciandomi da tirare su le nostre due giovani ragazze. Solo a vent’anni, mi sono trasferita in Svezia, dove ho riversato la mia tristezza nel tango. Dopo che le ragazze furono cresciute, ho fatto i bagagli e mi sono trasferita a Buenos Aires per aprire un ostello di tango”.
Come terapeuta devo chiedere, “La danza diventa un luogo dove riversare la tristezza?”
“Assolutamente”, risponde, “Ho avuto donne che hanno pianto quando sono state toccate e successivamente mi hanno detto che nessuno le aveva toccate da anni. Ho assistito a coppie divorziare e studenti innamorarsi. Tutto avviene nel tango”.
La nostra lezione inizia.
Sul pavimento scivoliamo. “Trovate l’abbraccio,” ci sollecita. “E’ tutto nell’abbraccio.”
Pochi di noi premono le guance sudate insieme, mentre quelli che si sono appena incontrati a malapena si toccano. La mia partner ed io proviamo una serie di abbracci: guance attaccate, le guance non attaccate, toraci a contatto, toraci senza contatto, spalle che si toccano, spalle che non si toccano.
Un’altra verità sul nostro rapporto – ci piace sperimentare. E un altro – io ho difficoltà a stabilirmi in un unico abbraccio.
“Non mi soffocare”, dico.
“Non sono io”, insiste lei.
Helen è specializzata in queer tango (Queer Tango è il ballare il tango argentino, senza riguardo ai ruoli tradizionali eteronormativi dei ballerini, e spesso con lo scambiarsi i ruoli Leader e follower. Pertanto è realtivo a ruoli aperti o al tango dello stesso sesso. Il movimento queer tango non solo permette un accesso al tango per la comunità LGBT, ma supporta anche leader femminili e follower di sesso maschile, indipendentemente dall’orientamento. N.D.T.) consentendo ai partner di sfidare i ruoli di genere tradizionali passando da leader a follower e da follower a leader.
La mia partner chiede: “Vuoi guidare o devo guidare io?”
“Non mi interessa”, dico. “Tocca a te”
“Non interessa neanche a me,” dice lei. E in quel momento qualcosa diventa fin troppo chiaro nel nostro rapporto: nessuno dei due ama condurre.
“Guido io”, finalmente afferma lei. Ciò significa che devo fidarmi che lei non mi farà sbattere contro tutti i muri. Comincio a camminare all’indietro.
“Aspetta”, dice, “Io non ti ho ancora guidato.” Mi fermo. Mi sporgo in avanti.
I nostri petti si toccano. Chiudo gli occhi. Lei mi conduce verso l’ignoto.
“Aspetta,” dice, “Stai mi stai crollando addosso.” Qualcos’altro diventa chiaro: io non voglio né fare tutto per conto mio né comprimere lei. E’ difficile trovare l’equilibrio di stare sui miei due piedi pur essendo completamente integrato nel mio rapporto.
Virginia Satir, la madre di terapia familiare Americana, ha affermato che l’obiettivo della terapia del matrimonio era di “non mantenere la relazione, né separare la coppia, ma aiutarci a vicenda a farsi carico di sé stessi”. Questo è esattamente il centro dei una buona terapia di coppia – la differenziazione.
Per un periodo di tempo c’è voluta molta pratica per una buona comunicazione, ma una volta trovate, queste abilità volarono fuori dalla finestra durante i litigi a casa.
La ricerca di John Gottman e colleghi ha dimostrato inoltre che i litigi sono importanti tanto quanto come quanto velocemente si risolvono. David Schnarch in Passionate Marriage ha elaborato questo compito centrale di come tenere su sé stessi, mentre il vostro partner tiene su sé stesso, e voi vi tenete su a vicenda.
Mia zia e lo zio, Rich e Antra Borofsky, ben note coppie terapisti Gestalt a Boston, chiamano questo la danza tra “io”, “Tu” e “Noi”. Nei seminari di coppia, mettono in atto la danza spostamento tra le tre persone nella stanza.
Questo è esattamente tango: “Io”, “Tu” e “l’abbraccio”.
Un’efficace ricerca mostra che la terapia di coppia non tende a tenere insieme le coppie, anche se può essere meglio che non fare nessuna terapia. Le coppie di solito entrano in terapia dopo che uno dei partner ha già deciso (consciamente o inconsciamente) di lasciare la relazione. Un mio collega non inizia a lavorare con una coppia fino a quando entrambe le parti non si impegnano a sei mesi di totale stare insieme. Se in sei mesi, nessun miglioramento è stato fatto, ognuno è libero di andarsene. “Senza questo impegno”, dice, “non c’è speranza”.
La terapia di coppia può essere impegnativa per il terapeuta, perchè richiede una grande quantità di interventi e di abilità con risultati alterni.
La ricerca mostra che la consulenza prematrimoniale funziona meglio per tenere insieme le coppie, in quanto questo è il momento di grande impegno, quando si può discutere di figli, finanze e sogni.
Ho avuto una coppia pronta per il divorzio perché uno voleva figli e l’altro no. “Non avete mai discusso questo prima di sposarvi?” Ho chiesto. Loro hanno scosso la testa in segno negativo.
E’ stato un caso di un io, un Tu e un non Noi. Li ho immaginati sulla pista di tango, in un abbraccio lontano, ognuno con sé stesso, ma non l’uno con l’altro.
Il tango è stato chiamato una dipendenza. Molti si sono lasciati alle spalle la loro vita in posti di lavoro di grande successo per trasferirsi a Buenos Aires e trascorrere il resto della loro vita ballare il tango. Il corpo guida e la mente vuole di più. “E’ un’ossessione”, dice Helen la Vichinga.
L’Associazione Internazionale di Tango Therapy consdera il tango come un rimedio per tutto, dalla depressione ai traumi, dal morbo di Alzheimer al Parkinson ed ha alcuni studi a sostegno di questo. I ricercatori dell’Università di Washington hanno scoperto che quando i pazienti con morbo di Parkinson prendevano lezioni di tango, il loro equilibrio ed il blocco dell’andatura miglioravano significativamente, meglio che un esercizio di ginnastica da soli.
Passi complicati di Tango hanno contribuito a migliorare la memoria di un campione di malati di Alzheimer in Gran Bretagna.
Cynthia Quiroga Murcia, psicologa presso l’Università Goethe di Francoforte, ha condotto uno studio effettuato per testare la saliva di 22 uomini e delle donne prima e dopo aver ballato il tango. Lei ed i suoi colleghi hanno trovato un aumento di testosterone ed una diminuzione cortisolo (un ormone dello stress) in uomini e donne. Nella compilazione di questionari sull’umore, prima e dopo, i partecipanti si sentivano più calmi, più sexy e più strettamente legati.
Altre danze non hanno lo stesso effetto. Helen la Vichinga, e la nostra guida a tutte le cose relative al tango, dice: “E’ per l’abbraccio”.
Alla fine dei tre mesi, la mia partner ed io torniamo alla milonga all’aperto nel Parque Lezama. La musica malinconica suona da un long-play su un grammofono. Una donna nei suoi ottant’anni che indossa un abito di chiffon blu e il suo compagno in smoking si tengono a vicenda. I loro piedi si muovono in un’improvvisazione giocosa. Confidando nell’ignoto e di essere pienamente presenti, consente a questa spontaneità, umorismo ed allegria di emergere naturalmente. Il Tango, come le relazioni, coinvolge una grande quantità di improvvisazione.
Nel nostro tempo qui, la mia partner ed io riusciamo a trovare un modo per andare l’uno verso l’altro. Faccio un passo verso l’ignoto e mi fido della sua guida. Non sappiamo dove stiamo andando o dove andreamo a sbattere, ma continuiamo a muoverci. Passiamo tra leader e follower, ognuno sul nostro singolo asse, delicatamente appoggiati in un abbraccio.
Liberamente tradotto da: www.theatlantic.com/health
Cosa il Tango mi ha insegnato sulle relazioni
Tango è molto di più che una danza.
Esso ci può insegnare molto su come crescere come persone, singolarmente e in relazione.
Mi sono innamorata a prima vista del tango quando ero in viaggio in Colombia nel 2010. Mi sono trasferita a Buenos Aires nel mese di ottobre 2012 per assorbire la cultura del tango dalla fonte.
Molte persone attraversano il mondo per vivere a Buenos Aires, per ballare tango quattro o cinque notti a settimana. Il più accade non solo il piacere della danza, che è di per sé immenso. Il Tango ti travolge e ti aiuta a diventare più intimo con te stesso e nei tuoi rapporti con gli altri. Il Tango è una ricerca personale, che la persona lo riconosca o no.
Alejandro Gee è un insegnante di tango che ha fatto la sua tesi di laurea in psicologia sugli effetti del ballo del tango sull’umore. Egli scrive: “La postura di una persona non è solo una posizione che dovremmo avere/raggiungere nella danza, ma anche un riflesso di ciò che siamo. Il modo in cui ci connettiamo o il modo di condurre o seguire sono anche un riflesso perfetto del nostro status sociale, emotivo e mentale. Solitamente da 10 minuti nella classe si può dire di più sul carattere di una persona o il rapporto in una coppia di quanto si potrebbe capire parlando dopo. Questo è il motivo per cui il tango ha la capacità di guarire i problemi dei quali siamo o meno consapevoli. Fissando il fisico, la mente e le emozioni seguiranno. Oppure vorremo guarire la mente e le emozioni in modo da essere in grado di migliorare la nostra danza.”
La ricerca di equilibrio e stabilità dentro di te
Uno delle più potenti ricerche nel tango è la ricerca di essere in asse o eje, come si dice in spagnolo. Essere in asse nella danza significa utilizzare l’energia della terra per trovare il proprio equilibrio nel tuo corpo, quindi non importa quello che stai facendo, pivotando, girando, o camminando, perchè hai il controllo del tuo movimento.
Tango è paradossale. Il meraviglioso paradosso del tango è che si hanno due persone che si appoggiano l’una all’altra, assolutamente collegate, scambiando energia attraverso una connessione di cuore petto a petto in un abrazo (abbraccio), ma ognuno di loro dovrebbe essere così solido nel suo asse che se l’altra persona scomparisse lui o lei non cadrebbero. Lui o lei rimangono in piedi perché sono radicati nel loro asse. Quando voi e il vostro partner avete sia il collegamento tra di voi, sia il collegamento ai vostri corpi nel proprio asse, si ha la magia.
Per una donna la ricerca dell’asse è un potente metafora. Una donna è tradizionalmente definita dal rapporto con l’altro. (E anche lei è nel tango, si è in due.) Come madre, amante, amica. Il suo valore è definito attraverso l’altro.
Quando hai anche il tuo asse, sai che va anche tutto bene da sola. Per me, sentendo il mio asse, questo allineamento del mio corpo che mi mette in una posizione stabile, indipendente e ancora connessa quando ballo, è stata come una rivelazione. Sento il paradiso che si apre. Mi sento forte e stabile, connessa e indipendente. Mi ci sono voluti più di due anni e mezzo di studio continuativo di tango per trovare il mio asse, tra alti e bassi. E’ un grosso problema, motivo di festeggiamento.
La metafora del tango per un rapporto sano
Entriamo nel tango. Il Tango, pur radicato in un’epoca in cui le donne non erano uguali, con radici decisamente machiste, è una perfetta metafora di un rapporto sano. La danza porta in sé la mascolinità e la femminilità insieme in modo tale che entrambi devono essere radicati in se stessi per ballare. Per creare un ballo o un rapporto in cui entrambe le persone arrivino ad essere pienamente vive, entrambi devono essere nel loro asse. Passione e connessione con un altro dipendono da un legame profondo con te stesso.
Un insegnante di tango Luciana Rial Baumgartner una volta mi ha insegnato come fare un giro veloce con lei. È necessario avere la giusta quantità di tensione tra le due persone al fine di generare la connessione. Che la tensione è creata perché ogni persona ha un nucleo forte e mentre balla per l’altro, lui o lei sta anche ballando per sé stesso, assicurandosi che il suo corpo sia sempre allineato. Quella tensione crea l’emozione.
Luciana ha detto:
“In primo luogo, si deve ballare per sé stessi.”
Quando tieni tutto allentato nel tuo nucleo la dinamica cade a pezzi. Una persona inizia mettendo pressione sull’altro. Ha paragonato la dinamica ad una relazione romantica. Quando arriviamo mosci in termini di nostro allineamento personale nella vita, la connessione soffre perché diamo la priorità alla connessione con l’altro rispetto alla connessione con noi stessi.
Quando siamo da soli, perdiamo il nostro asse quando pensiamo di avere bisogno di cambiare chi siamo per attirare qualcuno, o quando pensiamo che ci sia qualcosa di sbagliato in noi o le nostre vite perché siamo soli.
Quando siamo in un rapporto, perdiamo il nostro asse quando smettiamo di fare le cose che amiamo e cerchiamo di fonderci con l’altro. Cambiamo chi siamo per compiacere l’altro, gli piace il golf, mi piace il golf, e così via. Diventiamo ossessionati e lasciamo che una relazione o la sua morte determinino la nostra autostima. Abbiamo paura di essere soli e non ci sentiamo in grado di stare da soli.
La maggior parte di noi hanno perso il proprio asse in relazione. Così è come cresciamo, impariamo cosa vuol dire perderlo. Ci evolviamo in un modello sano di rapporto sano mettendoci a lavorare per trovare il nostro asse. Nella vita. In noi stessi.
Trovare il proprio asse è un processo. Ripetere. Ripetere. Ripetere
Studiare tango – e continuamente trovare e perdere e trovare il mio asse di nuovo, mi sembra come mettere una metafora del il rapporto nel mio corpo. Mi aiuta a ricordare, cosa significa perdere il proprio asse nel tango, cosa significa perdere il proprio asse in un rapporto, e cosa significa ritrovarlo di nuovo.
Nella danza, come nella vita, non funziona che si trova il proprio asse una volta e si rimane lì in perfetto allineamento (a meno che non si sia un ballerino professionista, magari con una postura perfetta – comunque ottenuta con tanto allenamento). Lo si trova, lo si perde, e lo si trova nel nostro corpo di nuovo. Danzare e vivere sono un processo di apprendimento a sostenere il proprio asse sempre più uniformemente nel tempo. Si perde l’equilibrio. Ti rendi conto che l’hai perso. Si reimposta. Facciamo la stessa cosa nella nostra vita quando perdiamo i nostri centri e poi tornare di nuovo con loro. La questione è se ce ne rendiamo conto e quanto velocemente recuperiamo di nuovo noi stessi.
Vuoi saperne di più?
Liberamente tradotto da: sflovestango.com
EZEQUIEL PALUDI y GERALDIN ROJAS
Come avete conosciuto il tango?
Geraldin: Da noi si conosce il tango come per voi la pizzica! Dai noi si vedeva e si respirava ovunque…noi siamo cresciuti con il tango quando il tango era una scelta…e non come oggi che ci si iscrive ad un corso di tango al posto di uno di pilates!
Purtroppo anche a Buenos Aires è diventato così, forse anche perché con tanto turismo la città è diventata vittima del suo stesso business!
Ma in alcune milonghe di Buenos Aires si respira ancora il vero tango…
G.: Si certamente, ci sono delle milonghe dove si respira un energia diversa perché che gente che va a ballare perché gli piace, proprio come chi va al cinema perché gli piacciono i film! Anche noi andiamo a ballare fino alle otto del mattino quando siamo a Buenos Aires per puro divertimento!
Anche in Italia andate in milonga per divertirvi o ci andate solo per lavoro?
E.: No a noi piace andare in milonga anche solo per bere una birra.
Non solo…noi andiamo in milonga come clienti e pretendiamo di pagare come tutti gli altri e non come molti che si presentano come professionisti per farsi vedere e non pagare!
Pagare l’ingresso in milonga, secondo me, significa contribuire affinché quella serata si ripeta nel tempo….ti fa stare pure meglio!
Che ne pensate dei mondiali di Tango?
G.: Penso che se ci sono tutte queste regole non è tango….il tango non può essere una gara a quei livelli, è un livello base, creano degli stereotipi sbagliati! Troppo discriminativo…
E.: Il tango è tutto discriminativo adesso, se balli milonghero o se balli salon piuttosto che tango nuevo, se studi con questo o con quell’altro!
Il tango per me non è così, è un ballo sociale libero al 100 per 100! E’ un abilità, un interpretazione, una luce che ci accomuna…quando noi ci siamo conosciuti ballavamo in maniera diversa e quello che ci ha uniti è stata proprio quella luce…
Cosa facevi prima di ballare il Tango?
E.: Niente ja ja ja ja…ho sempre vissuto di sera…per questo sono finito nel Tango!
Quando andiamo a lavorare nei Festival siamo sempre i primi ad arrivare in milonga e gli ultimi ad andare via! È una festa che vogliamo goderci!
Alle vostre esibizioni vi vediamo spesso cambiare abbraccio: che cos’è per voi l’abbraccio nel tango?
G.: Qualunque cosa ti rispondo può essere fraintesa…l’abbraccio per il ballo è fondamentale in quanto presa, è una cosa tecnica…al di là di questo i ballerini fanno molta apologia su cosa è l’abbraccio…l’abbraccio fa parte di te, è una tua sensazione, pratica e comoda che serve per ballare…il sentimento è dentro dell’abbraccio, non è che l’ abbraccio è il sentimento.
Il sentimento che il tango trasmette, in tutte le sue espressioni, è molto profondo per farlo diventare corporale subito…
E.: L’abbraccio non è importante se non sai a cosa ti serve!
E’ un mezzo…che serve per ballare…tutto qua! Quando sei dentro il ballo non riesci a gestirlo….perchè non è la colonna vertebrale del tuo ballo, la colonna vertebrale è ballare!
Io perdo la coscienza quando ballo…
Prima che voi ballaste insieme avevate altri partner e sicuramente la coppia Javier-Geraldine ha riscosso molti consensi. Avete fatto fatica a imporre la coppia Ezequiel–Geraldine?
G.: Per me non è stato difficile, le persone che si aspettavano qualcosa in più da me hanno capito questo cambiamento….se una ballerina è brava e ti piace, ti piacerà sempre, se non è così non è un problema mio!
Se la pasta è buona è buona! E tu? (chiede a Ezequiel)
E.: Niente..non lo so…jajaja…io ho sempre tentato di portare il tango oltre, anche con le compagne con cui lavoravo prima di Geraldine, la mia è una continua sfida, poi con lei ho trovato anche l’amore.
L’amore aiuta nel tango?
E.: Si, anche se quando si lavora siamo colleghi e non marito e moglie (lei lo guarda…)…no no siamo anche marito e moglie ja ja ja ja, l’amore non fa ballare meglio ma ci fa sicuramente capire meglio!
Quando si lavora non facciamo di certo una pantomima della nostra relazione…per me lei è una ballerina professionista.
G.: Ci sono coppie famosissime che non sono sposate eppure quando le vedi ballare trasmettono amore, l’amore per il ballo, innamorati della stessa passione. Avete dei sogni, dei progetti non realizzati?
E.: Direi di no! I nostri sogni li abbiamo realizzati tutti.
G.: Progetti da realizzare sì, ma non posso raccontarveli tutti jajajaja…sicuramente un progetto molto chiaro è quello di riuscire a trasmettere attraverso il nostro modo di ballare il tango in tutti i sensi.
Il tango si balla tra persone e non tra allievi e maestri e ci auguriamo che la gente si renda conto che siamo due persone che ballano il tango in grado di trasmettere una cultura che è nostra e che non siamo né sopra né sotto il giudizio di nessuno.
E: Noi siamo “battezzati” per il tango…si dice così?
Tratto da: www.eltanguero.it
Una donna che ha superato il crepacuore con l’aiuto dei suoi due piedi.
Il Tango argentino non è solo una danza. Si tratta di una conversazione tra due corpi e due cuori.
Ho scoperto la danza sociale con partner 17 anni fa. Era lo stesso anno in cui ho compiuto 30 anni e stavo affrontando il passaggio più difficile della mia vita: il mio matrimonio di 10 anni stava arrivando ad una fine improvvisa seguita dalla perdita di mia madre per cancro. Sentendomi intorpidita, vuota e cercando disperatamente di riempire gli spazi vuoti nella mia vita, mi sono imbattuta nel gruppo locale di una lezione di ballo e ho deciso di fare il grande passo.
Il mio primo amore è stato con salsa. Ero così felice, la musica, guidata dalle percussioni, che mi schiaffeggiò in faccia e mi disse: “Svegliati! La vita è breve! Vivila!”.
Questa danza vivace mi ha scosso di nuovo nel mio corpo ed ha risvegliato la mia sensualità e passionalità, che si trovava in letargo da molti anni. Mi ha subito presa.
Poi un giorno il tango argentino mi ha trovato. Mentre stavo lasciando la mia lezione di salsa, ho sentito i deboli suoni allettanti di un tango d’epoca, dominati da violini e da un bandoneon sospirato. Mi diressi verso la musica, ed i miei occhi intravidero delle coppie danzanti, ciascuno avvolto in un abbraccio di pace, che galleggiava sulla pista da ballo come in un dolce sogno.
Sono stato sopraffatta dalla nostalgia e da un profondo desiderio di una connessione intima con un altro. Non avrei mai immaginato che pochi anni dopo, sarei stata considerata una delle maestre di tango più rispettate, ed organizzatrice di eventi di danza, a Los Angeles.
Il Tango si è rivelato essere più di una semplice bellissima danza. Ha raggiunto luoghi profondi all’interno della mia anima che bramavano di essere guariti. Contrariamente alla percezione comune, non è solo gioco di gambe e strutture di fantasia, che si limitano invece a rappresentare lo strato esterno.
Il Tango è una danza basata sulla connessione di una condivisione di energia tra due partner alla pari. Si tratta di una danza che richiede ad entrambi i partner di incarnare i loro ruoli e di essere pienamente presenti in ogni momento, come una meditazione in cui due persone si muovono come una sola. E, cosa più avvincente di tutti, ballando con un altro in uno stretto, tenero abbraccio (abrazo) dà la sensazione di tornare a casa dopo un lungo viaggio.
Sono molto fortunata ad essere in grado di fare ciò che amo ogni giorno della mia vita, a condividere questo dono della danza con così tante persone le cui vite ne vengono trasformate. Coloro che sono abbastanza coraggiosi da provare il Tango sono generosamente ricompensati, diventando parte di un mondo magico e divenendo partecipi dei suoi tesori.
Liberamente tradotto da: oursouthbay.com
“Tango Terapia” è il termine applicato ai fini terapeutici della danza e sta diventando un modo molto diffuso per migliorare la qualità della vita di molti pazienti. Usare la danza come terapia non è una novità, così come il contesto sociale di una sala da ballo ed il suono della musica è noto per alleviare lo stress e stimolare il cervello in modo positivo. Attraverso la danza, non solo il corpo viene guarito, ma anche la mente viene stimolata e la danza viene utilizzata per aiutare le persone che soffrono di qualsiasi cosa dalla depressione e le fobie e alla schizofrenia.
La Tango Terapia è diventata recentemente una nuova forma di trattamento per pazienti affetti da malattie neurologiche come il Parkinson e l’Alzheimer. I pazienti affetti da queste malattie si trovano di fronte ad un futuro di deterioramento dello stato fisico e mentale e hanno bisogno di uno stimolo costante della mente attraverso per esempio la musica.
Il trattamento fisico precedente in pazienti con il Parkinson includeva l’esercizio generico come il camminare, ma gli studi condotti dal Dipartimento di Fisioterapia presso la Washington University in Canada suggeriscono che il coordinamento nel tango si dimostra più efficace di qualsiasi altra forma di esercizio fisico.
Trovare l’equilibrio
“Abbiamo visto che i movimenti di tango si sono dimostrati utile soprattutto per quanto riguarda l’equilibrio e il camminare all’indietro”, dice la Dott.ssa Gammon Earhart, assistente professore alla Washington University e autore dello studio. Spiega che le capacità motorie dei pazienti di Parkinson svaniscono e soprattutto movimenti come il camminare all’indietro e il ruotare sono difficili da effettuare, il che rende difficile eseguire le faccende di tutti i giorni.
Dopo aver letto uno studio condotto da Patricia McKinley in una conferenza della Society for Neuroscience, che ha dichiarato che il tango ha migliorato in generale la mobilità in pazienti anziani fragili, Earhart ha deciso di vedere se gli stessi risultati potessero essere ottenuti in pazienti con il Parkinson. Insieme a Madeleine Hackney, uno studente di dottorato e ballerino professionista di balli da sala, hanno condotto una serie di test che confrontano il tango a regimi di esercizio standard, così come le danze più familiari per i canadesi come il valzer e il fox trot.
“Tutti i trattamenti hanno avuto alcuni elementi di risultato in comune, ma il trattamento con il tango si è sempre dimostrato o pari o superiore agli altri metodi di esercizio”, ha detto Earhart. Il miglioramento nell’equilibrio e movimenti più fluidi sono stati osservati dopo appena due settimane di esercizio.
Earhart ritiene che ci siano alcuni vantaggi nella danza in generale, ma che il tango contiene alcune manovre specifiche che sono particolarmente benefiche in persone con il Parkinson. La guarigione potrebbe risiedere nel fatto che il paziente ha bisogno di essere in un alto stato di allerta per pianificare i passi successivi nella complicata danza. Il coordinamento necessario per eseguire la danza stimola il cervello correttamente per i pazienti in modo da migliorare il loro equilibrio.
L’abbraccio che guarisce
“Credo che il tango sia benefico a causa della vicinanza. Attraverso l’abbraccio chiuso con i loro partner, i pazienti si sentono al sicuro e osano muoversi di più”, dice Marisa Maragliano, segretaria di Sentimiento Tango, che ha avviato la prima conferenza internazionale di Tango Terapia che ha avuto luogo a Rosarno nel luglio 2008.
“I pazienti si sentono protagonisti quando ballano e questo migliora la loro autostima. La vicinanza del partner è vitale e l’abbraccio del tango fornisce una connessione fisica”, aggiunge. Maragliano è una figura attiva nella scena della Tango Terapia e organizza diverse classi con pazienti affetti da Parkinson e Alzheimer. Per trattare il secondo è organizzata attraverso la Clínica de Memoria a Rosario.
“Molti pazienti di Alzheimer diventano isolati dalla società e la malattia domina la loro vita. Attraverso la frequentazione di lezioni di danza prendono parte a qualcosa di sociale e possono ancora godere del contatto fisico e del parlare con altre persone”, dice Maragliano. Per i pazienti di Alzheimer la stimolazione della mente è essenziale per contrastare il totale deterioramento della memoria.
Per le vecchie generazioni argentine, il tango innesca un sacco di ricordi, spiega Maragliano. Attraverso la musica vengono riportati al loro giovinezza quando erano nelle milonghe, a ballare tutta la notte. “Quando la musica viene messa su loro riconoscono subito il ritmo, capiscono quale tango ballare e ricordano persino i testi e iniziano a cantare”, dice. “Le famiglie mi dicono i loro cari di ritorno dalla lezione hanno un sacco da raccontare, cosa che è insolita per i malati di Alzheimer a causa dell’isolamento e della mancanza di motivazione a partecipare a qualsiasi attività. “
Alla Clínica de Memoria, 30 pazienti sono stati trattati per il morbo di Alzheimer. Il Dr. Gerardo Tiezzi, direttore della clinica, spiega che aiutano i pazienti a riacquistare la propria identità attraverso una serie di esercizi diversi, ora includendo il ballare il tango.
“Prima abbiamo usato metodi di trattamento semplici e standard, come l’esercizio fisico e la stimolazione mentale attraverso la musica. Ma abbiamo notato che i pazienti specificamente ricordavano testi di tango senza problemi e abbiamo deciso di cercare di incorporare il ballare tango come parte dell’esercizio”. Dice che il feedback è stato positivo e i pazienti indicano che la danza li fa sentire felici.
L’ingrediente magico
“La Tango Terapia si occupa di come le persone si sentono e di migliorare la loro qualità della vita”, dice Earhart. Mentre altri ne guardano il lato spiritual, io sono interessato ai benefici medici e scientifici e devo ammettere che abbiamo fatto alcune scoperte molto interessanti”.
La domanda rimane, come è possibile che il tango, con canti di storie d’amore tragiche e lenti, e musica malinconica sia divenuta una terapia e non la musica da discoteca, con ritmi più felici, testi ispiratori e costumi colorati? In realtà salsa e merengue sono altri due balli che si è dimostrato che hanno effetti medici, ma Maragliano ritiene che la chiave stia nel fatto che il tango è uno dei pochi balli in cui i partner sono bloccati in un’intima posizione di abbraccio, creando un contatto fisico stimolante con effetti curativi. E’ l’effetto più spirituale e mentale che lo rende così efficace. E’ sicuramente dimostrato essere l’abbraccio che guarisce.
Liberamente tradotto da: www.argentinaindependent.com
Aveva precedentemente utilizzato dispositivi EEG per la scansione delle onde cerebrali dell’artista Marina Abramović e un altro soggetto mentre mantenevano il contatto con gli occhi in silenzio à la sua famosa performance della piece “The Artist Is Present”, raccogliendo solo momenti fugaci di sincronicità, quei momenti in cui i due impulsi elettrici delle menti sono in fase e ugualmente intensi.
Come afferma nella sua introduzione Graciela Flores, ospite e moderatrice, il tango offre una base sperimentale unica. Il seducente ballo argentino è sorprendentemente fluido e “tutto sta nella connessione mentale e fisica”, spiega, una silenziosa comunicazione tra corpi – la maggior parte dei ballerini chiude anche gli occhi. “La domanda è come due persone possano muoversi come una sola”. La Flores traccia un’affascinante analogia che affronta i misteri del tango: “I ballerini di Tango parlano di euforia”. Tuttavia, prima del termine della serata, il ballerino John Osburn affermò di sentirsi “perduto nell’estasi del tango”. (Osburn ballava con Laura Real; Nan Min e Jack Hanley furono la seconda coppia).
Ci furono alcune difficoltà tecniche da affrontare, ma alla fine i quattro veterani ballerini sono entrati in pista con caschi neri dotati di sensori a ragno legati alle loro teste. Poiché le letture EEG reali, trasmettendo ciò che la Dikker collegava ai segnali radio biologici, erano così confuse e caotiche sullo schermo, lei optò per una visualizzazione più dinamica che caratterizza sinteticamente il flusso di dati in arrivo: ogni partner era rappresentato dalla sezione di una testa, e più i cervelli dei danzatori imitavano gli schemi dell’altro, più le due teste si sarebbero sovrapposte. Quanto più la loro attività neurale era allineata, più alto era il “punteggio”.
Dopo pochi minuti di tango normale, furono introdotte alcune variabili. Il ballo successino venne fatto tutto senza musica, gli interpreti semplicemente si spostavano e scorrevano sul pavimento in una qualche sintonia immaginata. Successivamente, si fermarono ancora mentre la musica del tango suonava, effettivamente “ballando nelle loro teste”. Come ultima variazione, si scambiarono il partner per vedere come un senso di non familiarità influenzasse il risultato. (la Dikker aveva precedentemente notato il talento del cervello umano per le risposte ritmiche, predittive ed adattive).
Nel primo caso, la coppia “blu” si era sincronizzata “sospettosamente bene”, disse la Dikker, che, ad un certo punto, aveva anche temuto che l’attrezzatura fosse malfunzionante. La coppia dell’icona gialla somigliava di più, come un uomo di mezza età di Brooklyn scettico di questa “scienza spazzatura” ebbe a dire, “a me e la mia prima moglie andando al punto”.
In tutte le variazioni successive, Jack Hanley, uno dei ballerini della coppia blu, dimostrò di essere quasi costantemente simpatico qualunque partner di ballo. Una donna tra il pubblico, che era frequentato da un sano mix di scienziati e artisti, segnalò che nel tango argentino, la donna deve essere docile e seguire lasciando che l’uomo guidi il ballo, e si chiese se Hanley o le due ballerine fossero particolarmente abili nel trasmettere certe vibrazioni.
Hanley disse che aveva mantenuto i suoi passi semplici, affrontando poi la dinamica genere/sessualità: “Io sono anche gay. Ballando con una bella donna è meraviglioso, anche se ci scommetterei che il mio cervello fa qualcosa di diverso quando vado a ballare con un bel ragazzo”.
Significativamente, la Dikker notò che i ballerini si sincronizzavano peggio quando erano costretti a stare immobili ed a immaginare i propri movimenti – anche quando hanno dovuto ballare senza musica, hanno fatto meglio rispetto a quando dovevano semplicemente ascoltare la stessa canzone mantenendo soltanto il contatto fisico. Incalzato su cosa si potrebbe dedurre da quello che avevamo visto proiettato sulle pareti, le Dikker fu titubante: “Non molto”, ammise. “Vediamo spesso onde cerebrali simili in risposta a stimoli ambientali condivisi”. Nella migliore delle ipotesi, si potrebbe supporre che il tango richiede una sensibilità accresciuta agli stimoli esterni. Mentre l’esperimento e la conferenza diedero poi il via ad una festa di tango in piena regola, sembrava che alcune persone fossero più soddisfatte con un mistero. “Balleremo fino a quando non ci sbatteranno fuori a calci”, dichiarò la Flores.
Liberamente tradotto da: www.dailydot.com
Per anni, le culture di tutto il mondo hanno utilizzato la meditazione per calmare il cervello ed entrare in stati che non sono solo psicologicamente benefici, ma anche fisicamente benefici.
Poichè gli scienziati imparano di più sui nostri cervelli e su come funzionano, è diventato evidente che il ballo del tango, di tutte le attività, può portare agli stessi stati mentali vissuti da persone che meditano regolarmente. Inoltre, più è esperto il ballerino di tango, più è probabile entrare in questo stato mentale a livelli più profondi.
Un esperimento, presentato dalla US National Library of Medicine, ha esaminato se il tango argentino è efficace come meditazione di consapevolezza per ridurre i sintomi di stress, ansia e depressione.
La meditazione di consapevolezza si riferisce alla meditazione in cui si è consapevoli che si sta meditando, in contrasto con i vari tipi di meditazione che comportano l’entrare in trance o in uno stato simile al sonno.
Per l’esperimento, 97 persone con depressione sono state assegnate in modo casuale a uno una classe di tango, una classe di meditazione, o nessuna delle due (per formare un gruppo di controllo).
La conclusione è stata che sia la meditazione sia il tango potrebbero essere utilizzati in modo efficace come trattamenti complementari della depressione e per la gestione dello stress.
Uno studio fatto presso il Collegio Santa Maria di California ha portato il concetto ad un ulteriore passo avanti e misurato l’attività cerebrale di ballerini con un elettroencefalografo (EEG). Elettrodi sono state allegate agli scalpi dei ballerini di tango e anche ad un gruppo di volontari che servivano come gruppo di controllo.
Questo studio ha rilevato che i ballerini di tango si affidano ad un fuocus interna e all’attenzione più o meno allo stesso modo in cui i praticanti di meditazione di consapevolezza fanno durante la meditazione. Inoltre, meditando, una persona potrebbe non solo ridurre i livelli di stress, ma anche aumentare le capacità cognitive.
Quando la mente si rilassa, il cervello entra in uno stato di maggiore attività di onde alfa. Queste onde appaiono prima di dormire e durante la meditazione. Esse continuano ad occupare una porzione maggiore del cervello ed eventualmente si concentrano sulle aree frontali del cervello. Se questo continua, il cervello può entrare in una fase di frequenze più basse, mostrando modelli di onde theta e delta, per esempio.
Lo studio ha riassunto che ballerini di tango con più esperienza in tango hanno mostrato un più potente stato alfa rispetto agli altri gruppi di soggetti. Anche se ogni gruppo ha mostrato uno stato alfa, i ballerini di tango esperti esemplificano l’ipotesi di efficienza neurale, il che suggerisce che con più esperienza diminuiscono le risorse mentali usate per la stessa attività.
Come con la meditazione, più si pratica tango, più si è in grado di entrare in questi stati di rilassamento. Con la pratica e l’entrare in livelli più profondi di rilassamento, le qualità positive sono maggiormente sperimentate.
Tratto da: www.theepochtimes.com
Ecco un’altra voce da aggiungere alla lista delle cose che possono creare dipendenza: il tango argentino. Questo documento, un follow-up su un caso di studio precedente, riporta i risultati di un sondaggio su oltre 1000 abbonati ad una rivista di tango on-line. Sulla base di quegli studi, il tango può essere classificato come una dipendenza basandosi su diverse linee guida psichiatriche. Benchè le conseguenze di questa dipendenza siano principalmente positive, molti ballerini riportano sintomi di astinenza quando non ballano, tra i quali anche “tristezza, sensazione di disagio e formicolio alla gamba”. Forse finalmente spiega l’epidemia della danza del 1518?
Tango argentino: un’altra dipendenza comportamentale?
“BACKGROUND:
La dipendenza comportamentale è un concetto emergente basato sulla somiglianza tra i sintomi o le sensazioni fornite da farmaci e quelli ottenuti con diversi comportamenti come il gioco d’azzardo, ecc. A seguito di uno studio di osservazione di un ballerino di tango che mostra i criteri di dipendenza da questo ballo, abbiamo effettuato un sondaggio per valutare se questo caso era unico o si riscontrava frequentemente nella comunità del tango.
METODI:
Abbiamo progettato un sondaggio online basato sia sul DSM-IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) sia sul criterio di Goodman di dipendenza; abbiamo aggiunto domande relative agli effetti positivi e negativi del tango ed una auto-valutazione del grado di dipendenza dal tango. Il questionario è stato inviato via Internet a tutti i ballerini di tango abbonati a “ToutTango”, una rivista elettronico mensile. La prevalenza della dipendenza è stata analizzata utilizzando esclusivamente DSM-IV, criteri di Goodman e punteggi di auto-valutazione separatamente.
RISULTATI:
1.129 ballerini di tango hanno risposto al questionario. I tassi di dipendenza erano 45,1, 6,9 e 35,9% rispettivamente, secondo DSM-IV, criteri di Goodman e punteggi di auto-valutazione. I sintomi fisici dell’astinenza erano stati riportati dal 20% dell’intero campione ed un terzo aveva descritto un forte desiderio di ballare. Gli effetti positivi erano alti sia nei gruppi di dipendenti sia nei gruppi di non dipendenti ed erano maggiormente marcati rispetto agli effetti negativi. La lunga pratica di tango non ha modificato il tasso di dipendenza o ridotto il livello degli effetti positivi.
CONCLUSIONI:
Ballare Tango potrebbe portare alla dipendenza come attualmente definito. Tuttavia, questa dipendenza è associata a marcati e sostenuti effetti positivi, mentre gli effetti negativi sono pochi. Identificare il substrato preciso di questa dipendenza necessita di ulteriori indagini”.
Tratto da: blogs.discovermagazine.com/seriouslyscience/
Nello studio, pubblicato di recente su Nature Communication, i ricercatori si sono serviti di un partner virtuale, un avatar che interagiva con i soggetti coinvolti nella ricerca. I 26 partecipanti dovevano afferrare un oggetto a forma di bottiglia in sincrono con questi avatar: una volta in maniera complementare, afferrando l’oggetto in un punto diverso dal partner, un’altra volta in maniera imitativa, copiando cioè il movimento del soggetto virtuale.
Nei test gli scienziati hanno inibito con metodi non invasivi diverse aree del cervello. Inibendo proprio il solco intra-parietale anteriore sinistro, veniva pregiudicata proprio la capacità dei partecipanti di svolgere azioni complementari, ma non quelle imitative, con il partner. Pertanto, i ricercatori hanno potuto individuare in questo solco la parte del cervello che consente di integrare un movimento con quello di un altro. I ballerini di tango, ad esempio, devono essere in grado di incastrare alla perfezione i loro movimenti e, anzi, di prevederne con un pizzico d’anticipo le mosse.
A differenza di altre ricerche che avevano già studiato i meccanismi neurali alla base di questo tipo di interazione, ma solo con osservazioni passive, lo studio italiano li ha analizzati durante interazioni attive.
Ballare il tango significa mettere in atto una serie di gesti nella loro sequenzialità
Cosa indica questa ricerca? «Questo lavoro testimonia ancora una volta la complessità del cervello. Un aspetto rilevante a tal proposito – spiega il dottor Vincenzo Tullo, specialista neurologo e responsabile dell’ambulatorio sulle cefalee di Humanitas LAB – è la prassia, una funzione importante del nostro cervello, visto sempre nel suo complesso».
«La prassia è la capacità di compiere i gesti nella loro sequenzialità e mirati a uno scopo preciso. Questa capacità fa riferimento alla progettazione, preparazione, esecuzione e coordinamento di determinati atti. Chi ha delle lesioni neurologiche, seppur mantenendo la capacità motoria, si dice infatti che è aprassico: non riesce a organizzare e coordinare i movimenti».
«Ballare il tango significa mettere in atto una serie di gesti nella loro sequenzialità.
Per compierli si fa ricorso a un programma motorio scritto nel cervello che può essere migliorato nella pratica e che poi diventa automatico. Ma questo è reso possibile dal coinvolgimento di tutte le strutture cerebrali. Oltre ai vari lobi è importante la connessione tra essi: è il corpo calloso a connettere i due emisferi e a regolare la coordinazione», conclude lo specialista.
Tratto da: www.humanitasalute.it/
Un percorso di crescita personale
Il tango. Una danza, o meglio una cultura che ha superato i limiti del tempo e della sua terra per diventare patrimonio mondiale dell’umanità. Basterebbe riconoscere questo per comprenderne la potenza. Perché il tango coinvolge, appassiona, diviene terapia. È certamente un linguaggio intenso, che per tutte le sue implicazioni emotive e per una magia penetrante che non può spiegarsi, attrae o respinge in maniera totale chi si affaccia curioso al suo mondo. Come dice il Maestro Carlos Ochoa, che in questa cultura è nato e cresciuto «Il tango è semplice. Siamo noi umani ad essere complessi», riferendosi a quelle dinamiche importanti che si generano tra chi balla. Di fatto non è il tango che causa emozioni e giochi come la gelosia, la passione, la malinconia, lo struggimento, la competitività e tutti quei luoghi comuni che la fantasia popolare gli ha attribuito nel tempo…. Bensì rivela e mette a nudo ciò che in animo già esiste, spogliandoci delle sovrastrutture e spingendoci alla verità, tanto da renderci parodia di noi stessi quando non siamo disposti a riconoscerla, o da aiutarci nel nostro percorso di crescita personale.
Il corpo non può mentire
Il tango è una forma di comunicazione in cui è impossibile mentire, proprio perché il suo mezzo d’elezione è il corpo. Se infatti nella vita di tutti i giorni possiamo scegliere con cura e strategia le parole da pronunciare per determinare il senso di un nostro messaggio, sul corpo non potremo mai avere totale controllo. La comunicazione non verbale ha di fatto una sua autonomia rispetto alla nostra volontà. Noi mentiamo, il nostro corpo no.
Nel tango quindi non si finge. Possiamo studiare, migliorare la tecnica e lo stile, imparare la gestione delle energie e delle emozioni che stimola, ma il pregio di questa danza è che esalta la nostra natura e la nostra originalità, costringendoci ad essere autentici. Non siamo di certo noi a possedere i movimenti, ma i movimenti ad essere l’epifania di chi siamo nella vita, mostrando all’esterno qualcosa che spesso ci preoccupiamo di celare. Comunque siamo, in pista il nostro modo di pisar, cioè di calpestare il suolo, come la nostra postura, lo rivelano al partner di ballo come a chiunque ci osservi danzare.
Un connubio perfetto tra corpo e mente
Eppure non stiamo trattando di una danza istintiva, ma di un connubio perfetto di corpo e mente, fatto di regole di comportamento e di un galateo speciale, attraverso cui il corpo rivela la sua intelligenza, essendo sempre adeguato al qui ed ora, la mente, se non serena e allineata, crea disagi, rivelando la nostra vulnerabilità, incidendo sulla qualità del movimento, ma offrendoci così anche l’opportunità di fare un buon lavoro interiore per superare i nostri limiti e riequilibrare noi stessi. Quando balliamo in una condizione di malessere, i pensieri influenzano l’esito dei passi e del rapporto che istauriamo con l’altro. La qualità dell’energia si perde, impedendo quella naturalezza e quella fluidità che il corpo per natura conosce, se non lo ostacolassimo con le nostre insicurezze.
Una relazione stretta… lunga un ballo
Il tango certamente ci fa incontrare l’altro, portandoci a lavorare subito sulla relazione. Non è così facile abbracciare un estraneo e condividere in armonia lo spazio intimo delimitato dall’abbraccio che creiamo… Quella ricerca continua di armonia che induce due individui a trovarsi per il tempo breve della loro danza, nel tentativo di rendere i loro due corpi un essere unico. Ed è storia antica quanto il genere umano, così come raccontava Platone nel mito dell’ermafrodito, descrivendoci il dramma della scissione di quella creatura perfetta, punita per essersi troppo insuperbita e diventata due metà sempre spinte dall’anelito al ricongiungimento.
Nella mitologia classica, Armonia è figlia di Afrodite ed Ares, dea dell’amore e dio della guerra. Pertanto solo quando riusciamo a riconoscere in noi sincronicamente l’esistenza di queste due parti e ad onorarle, possiamo costituire un nostro equilibrio e vivere in buona relazione, prima di tutto con noi stessi e poi con l’altro. Questo ci insegna il tango. A trovare in noi e non nell’esteriorità la nostra Bellezza, attraverso la disciplinata e impegnativa ricerca di una corretta postura, che diventa una metafora della nostra condizione interiore, poiché se non abbiamo una buona postura, non abbiamo equilibrio, siamo precari nei movimenti e naturalmente perdiamo grazia. Se da questa prospettiva onoriamo una Afrodite consapevole, che ci mostra come Bello non è immagine ma è soprattutto Buono, il contributo di Ares diventa prezioso nel farci ricontattare una sana aggressività. Quell’energia di base, vitale, che serve a farci percepire il diritto naturale di occupare uno spazio e di trovare la nostra collocazione anche in rapporto al prossimo.
Fidarsi di sè e del proprio corpo
Ma armonia significa prima di tutto aprire il cuore, all’altro certamente, a se stessi in primis, perché per ballare un tango occorre fidarsi di sé, del proprio corpo e del proprio sentire e quindi implica conoscerci bene e lavorare per conseguire una coscienza del nostro centro. Così, come nella vita, anche nel tango il prossimo è fondamentale e diventa il nostro specchio. Un maschile e un femminile che ballano cercando sincronicità, complicità e Bellezza, costituiscono la perfetta metafora di quelle parti logica e analogica che esistono in noi e che tentiamo continuamente di accordare. Il partner di ballo, con cui condividiamo uno spazio ristrettissimo, ci porta a scoprire sempre qualcosa di noi. Ogni stimolo, ogni risposta che da lui ci proviene è un rimando fisico ed energetico a chi siamo e a come stiamo, al di là delle nostre convinzioni, quindi autentico. Nel tango diamo voce al dissidio profondo tra come ci percepiamo e come siamo davvero e, attraverso la pratica, possiamo costruire un’immagine veritiera di noi stessi, del nostro corpo, dello spazio e del tempo proprio grazie alla relazione obbligata con l’altro. È dunque una dimensione relazionale che ci offre la possibilità di correggere quelle percezioni distorte che sviluppiamo inconsciamente rispetto a noi stessi, spesso con lo scopo di proteggerci dai dolori della vita o come conseguenza delle ferite ricevute.
Una danza sublime
La vita, come il tango, è una danza sublime, dove a ritmi e melodie diverse corrispondono opportunità differenti di interpretare. Non si balla qualsiasi brano con lo stesso passo o colore, con la stessa intenzione o emozione. Non si balla con tutti con la stessa energia.
Questa potente danza ci educa all’autonomia. Quando un uomo invita a ballare una donna, entrambi per il galateo del tango sanno che il dialogo corporeo e psichico che andranno a istaurare durerà il tempo di una tanda, sequenza di quattro brani. Una tanda diventa pertanto una relazione in cui c’è un grande impegno e impiego di energie, sapendo che tutto terminerà lì, alla fine dell’ultima nota. Tendere ad un pathos, senza riversare sul compagno di quel ballo le nostre vulnerabilità, i bisogni, i desideri o le aspettative non è semplice, soprattutto quando stiamo condividendo un abbraccio stretto, ma non dobbiamo portare peso all’altro o esserne dipendente, lezione utile anche alla gestione dei rapporti nel quotidiano. Ogni passo è un atto a sé. Merita il massimo investimento, poiché andrebbe compiuto e goduto come se a seguito non esistesse nulla. Eppure è il presupposto della qualità di ciò che costruiremo a seguire, massima esemplificazione del qui ed ora. Nessuna impazienza, nessuna fretta. Ballare il tango ci rende dipendenti o liberi a seconda della nostra volontà di imparare a gestire con consapevolezza corpo ed emozioni. Non deve indurci ad un desiderio di fusione, ma al piacere di accrescere la nostra Presenza e il proposito di condividerne i doni con chi sta ballando con noi.
Tratto da: http://www.karmanews.it
Ballare ringiovanisce il cervello
Che l’esercizio in qualsiasi forma aiuti a combattere il declino delle facoltà fisiche e mentali associate all’avanzamento dell’età non è una novità. Tuttavia non è ancora chiaro quali sono i tipi di esercizio più adatti per contrastare l’invecchiamento. Secondo i ricercatori del German Center for Neurodegenerative Diseases, ballare sarebbe tra le attività più efficaci per rallentare, e addirittura invertire, l’invecchiamento del nostro cervello.
“Nella ricerca, abbiamo mostrato come due diversi tipi di attività fisica, ballare e allenamenti di resistenza, aumentano entrambi l’area del cervello che regredisce con l’invecchiamento,” ha spiegato Kathrin Rehfeld, autrice principale dello studio, pubblicato sul journal Frontiers in Human Neuroscience. La ricercatrice ha però aggiunto che solamente i partecipanti che praticavano la danza come attività fisica hanno presentato alla fine della ricerca notevoli cambiamenti dal punto di vista comportamentale.
Durante lo studio i pazienti, con un’età media di 68 anni, sono stati divisi in due gruppi: il primo doveva seguire una lezione settimanale di danza per 18 mesi, e il secondo un corso di allenamento di resistenza, con la stessa frequenza e durata. Mentre il primo gruppo era stimolato ad imparare qualcosa di nuovo ogni settimana con nuove coreografie e routines, il secondo svolgeva principalmente esercizi ripetitivi, come andare sulla ciclette o camminare con i bastoni.
Dai risultati è emerso che entrambe le attività portavano a un incremento nell’ippocampo, un’area del cervello importante perché, oltre a svolgere un ruolo chiave nel senso dell’equilibrio, nella memoria e nell’apprendimento, è particolarmente colpita dall’invecchiamento, e vulnerabile a malattie quali l’Alzheimer.
“Abbiamo cercato di fornire ai partecipanti del primo gruppo una serie di routine completamente diverse basate su generi musicali diversi,” ha spiegato Rehfeld, “I passi, i movimenti delle braccia, la velocità e il ritmo erano cambiati ogni due settimane per mantenere un continuo processo di apprendimento. La parte più impegnativa era ricordarsi le coreografie sotto pressione e senza l’aiuto degli istruttori”. Secondo i ricercatori, proprio queste sfide sono responsabili per i diversi risultati ottenuti dai partecipanti del primo gruppo che, ad esempio, alla fine dello studio presentavano ad esempio un senso dell’equilibrio assai migliorato.
Rehfeld e colleghi stanno ora cercando di sviluppare dei nuovi programmi di esercizio fisico in grado di massimizzare l’anti-invecchiamento del cervello. “Al momento stiamo lavorando su un nuovo programma chiamato Jymmin, basato su un sistema composto da un sensore in grado di generare suoni basati sull’attività fisica,” ha spiegato Rehfeld, “Sappiamo ad esempio che i pazienti affetti da demenza senile reagiscono bene alla musica. Vogliano combinare i benefici dell’attività fisica e del produrre musica in un trattamento in grado di aiutare i pazienti affetti da demenza.”
Tratto da: www.galileonet.it (fonti: http://journal.frontiersin.org/article/10.3389/fnhum.2017.00305/full)
Tango, mindfulness e psicoanalisi
Una controindicazione c’è. Una: il tango provoca addiction. D’improvviso potreste sparire dai radar di familiari e amici per correre in milonga. «Dà dipendenza pure il jogging (la ripetizione di uno sforzo stimola la produzione di endorfine), figuriamoci un’attività di coppia» spiega il genetista Edoardo Boncinelli. «Dal punto di vista neurofisiologico, poi, bisogna tener conto che alla base c’è la musica, e la musica regala gioia, con il rilascio di dopamina». E in più – si sa – un abbraccio prolungato aumenta l’ossitocina, “l’ormone dell’amore”.
Ma questa danza non garantisce solo vantaggi biochimici e motori: forse all’Unesco, nel 2009, nemmeno immaginavano quanto fosse giusto inserirlo fra i beni immateriali patrimonio dell’Umanità. Voi pensate di ballare, in realtà state anche un po’ meditando, un po’ sciogliendo qualche “nodo interiore”.
«Basandosi sull’improvvisazione, non su sequenze prestabilite, richiede totale connessione con il partner, sincronia: è un veicolo fantastico per coltivare – in azione – la presenza mentale, la consapevolezza» osserva Lorenzo Colucci, presidente e fondatore dell’associazione milanese tempomindfulness, che propone – tra l’altro – un percorso (in cinque classi) di “tango & mindfulness”. Con esercizi quali il farsi condurre a occhi chiusi: «Fondamentale per imparare a fidarsi e affidarsi».
«Questo ballo offre informazioni su di sé, sulla relazione con l’altro. Il che vale, ovviamente, solo per chi ama interrogarsi. Se uno va in milonga per socializzare, benissimo comunque: ne avrà il vantaggio di rivitalizzarsi» nota Daniela Falone, psichiatra e psicoanalista junghiana.«Studiando la tecnica vengono fuori caratteristiche della fisicità che rimandano, in realtà, ad aspetti psicologici».
C’è chi ha le spalle troppo curve e chi sta troppo impettito, c’è chi volteggia aereo senza riuscire a tenere i piedi per terra… Il rapporto a due riserva le maggiori sorprese: uno scopre di non riuscire ad abbracciare, a tollerare la vicinanza fisica, ad “ascoltare” (sia da leader sia da follower)».
Nel 2010 è nata addirittura una nuova disciplina, TangoOlistico®.
Perché “olistico”? E cosa aggiunge, visti i già innumerevoli, positivi “effetti secondari”?
«Riguarda corpo/psiche e raddoppia il potenziale dell’esperienza» chiarisce l’ideatore, Massimo Habib. «Negli incontri di gruppo ognuno sperimenta entrambi i ruoli, quello di chi guida e quello di chi segue, quello attivo e quello recettivo. Come nella vita, in fondo: in alcuni momenti siamo decisionisti, in altri ci abbandoniamo. Unica differenza con la vita: la parte accuditiva in genere è del femminile, mentre qui è il maschio che abbraccia. Insomma: da danza si trasforma in un modello di crescita personale».
Come sono articolati gli incontri? E l’obiettivo finale? «Nella prima metà ci si muove nella musica, senza curarsi dei passi (irrigidirebbe le reazioni). Nella seconda c’è la condivisione verbale. Il tutto per arrivare a una maggiore conoscenza di sé, dell’emotività e apprendere – sembra un paradosso – a condurre la propria vita e a lasciarsi andare alla vita».
Eh, si fa presto a dire: Balliamoci un tango…
Tratto da: http://blog.iodonna.it
Il tango? Gli 8 “perché” è efficace quanto la psicoanalisi
Ramiro va dritto al sodo. Fra un tango e l’altro, a Buenos Aires, è “obbligatoria” una chiacchierata: “Come ti chiami? Di dove sei? (Se sei italiana, poi, è la fine: tutti hanno un parente che viene dal Piemonte o dalla Calabria e ti raccontano la sua storia. Intanto la musica scorre e tu che hai attraversato l’oceano per ballare – e sei tendenzialmente pragmatica – fremi…). Ma Ramiro no: i discorsi convenzionali non gli interessano. “Ho avuto una depressione fortissima, è durata quattro anni, non riuscivo a tirarmi su” racconta. “Poi ho scoperto il tango, ed è stato – in un solo anno – più efficace della psicoanalisi” (che qui va fortissima, peraltro, con il più alto numero di terapeuti pro capite al mondo).
Allora quel pensiero che mi frulla in testa da mesi forse non è infondato. Dimmi come balli, e ti dirò chi sei. Non c’è bisogno di Freud (o di Alexander Lowen) per convincerci che il corpo parla di noi, un corpo in movimento ancora di più, un corpo che danza all’unisono con un altro poi… Il tango come sostitutivo del lettino dello psicoanalista? E perché no, visto che costa meno, è più divertente e fa pure bene al fisico? In quella “bolla” che è la milonga ci si spoglia della propria identità sociale (si resta anonimi, non conta il prestigio del ruolo o quanto guadagni), ma si rimane alle prese con il nostro vero Io. A patto che si voglia essere sinceri con se stessi, ma questo vale anche per il terapeuta, giusto? Ecco quello che mi viene in mente di getto su cosa “lavorare” per “smascherarsi” (è un po’ un gioco, ma un po’ no. E voi avrete avuto anche altre intuizioni: scriveteci).
-
- Postura. Nella vita di ogni giorno magari non ci fate caso, ma all’occhio del maestro non passerà inosservato: avete le spalle curve, come se portaste tutto il peso del mondo? Siete belli impettiti, ma rigidi? Avanzate con il petto esageratamente in fuori?
- Grounding. Ballate peinando el piso – come dovrebbe essere – o siete aerei? Osservate se avete davvero “i piedi per terra”, perché il radicamento rivela la vostra connessione con la realtà.
- Relazioni. Vi riesce difficile abbracciare? O, viceversa: abbracciate il partner come fosse una specie di ultima spiaggia? Avete un abbraccio solido e rassicurante oppure molle o soffocante? Attenzione! Fra le altre cose, è la spia del rapporto con il materno.
- Sensibilità. Siete capaci di seguire o tendete a imporvi (se follower)? Siete capaci di prendere in mano la situazione e guidare senza indecisioni (se leader)? Più in generale: siete davvero capaci di ascoltare?
- Coscienza di sé. In milonga, riuscite a seguire il flusso degli altri ballerini senza intralciare ma senza neppure lasciarvi “rubare lo spazio” dagli altri? E all’interno della coppia, riuscite a rimanere connessi eppure autonomi? Se leader, vi fate usare come attaccapanni da ballerine possedute? Se follower, rimanete stordite dal “bombardamento” di ganci e sacade?
- Autoironia. Se sbagliate, ci ridete su o procedete subito a incolpare il partner? Se non siete all’altezza delle VOSTRE aspettative, vi date atto che non siete professionisti e non vi esercitate 8 ore al giorno o vi macerate nel senso di inadeguatezza?
- La Rossella O’Hara che è in voi. Se invitate e vi beccate un “no”, incassate senza drammi e “domani è un’altra tanda”, o mettete in discussione la vostra virilità/avvenenza/intelligenza/personalità? Se nessuno vi invita e rimanete una sera sedute a “planchare”, date la colpa alla legge dei numeri (gli uomini – si sa ma non si capisce perché – sono sempre meno) o mettete in discussione la vostra femminilità/avvenenza/intelligenza/personalità? Tornate con la mente a quella festa delle medie in cui faceste tappezzeria? Ecco a voi l’occasione per elaborare le emozioni adolescenziali con la consapevolezza di oggi.
- Il narcisismo. Sapere di essere guardati dagli altri milongueros vi fa sentire bene o vi imbarazza? Ve ne fregate e vi gustate il piacere di una camminata o avvertite l’esigenza di “fargliela vedere voi”, lanciandovi in ganchos/sacadas/boleos/adornos come piovesse o in altri fantasiosi numeri da circo? Osservatevi bene: l’eccessiva sicurezza di sé in pista potrebbe nascondere una profonda insicurezza nella vita reale…
Bene! Dopo questa bella seduta di autocoscienza, siete pronti per andare dallo…psicoanalista! 🙂
Tratto da: http://blog.iodonna.it
Danzare in modo professionale modifica la struttura cerebrale: le aree della corteccia motoria e uditiva si sviluppano in modo specifico, promuovendo i processi di memoria e la coscienza di sé
Volteggiare sulle punte e fare piroette facendosi guidare dalla musica sviluppa il cervello in modo unico: questo è il risultato di uno studio della Cognitive Brain Research Unit dell’Università di Helsinki, nell’ambito delle neuroscienze applicate alla danza, campo di esplorazione ancora giovane ma in rapida espansione.
La ricerca è stata condotta dalla neuropsicologa Hanna Poikonen, che ha indagato la reattività delle diverse aree cerebrali in un gruppo di danzatori professionisti durante la proiezione di video contenenti performance di ballo. I ballerini sono stati sottoposti sia all’ascolto di musica per un tempo prolungato, sia alla continua variazione di generi musicali.
Lo stesso esperimento è stato condotto poi in due gruppi controllo composti rispettivamente da musicisti e da persone comuni, senza alcuna familiarità con la musica. Per realizzare lo studio, il team di ricerca ha messo a punto una nuova tecnica elettroencefalografica utile quando si investigano le dinamiche della corteccia durante l’osservazione della danza e l’ascolto della musica su una scala temporale lunga.
I risultati mostrano come la pratica del ballo agisca sulle strutture cerebrali e le modifichi in modo estremamente specifico. “Sorprendentemente, il cervello dei ballerini reagisce ai cambiamenti improvvisi della musica più velocemente rispetto a quelli dei musicisti professionisti” afferma Poikonen “e questo meccanismo avviene già a livello inconscio, al pari di un riflesso”. Inoltre i ricercatori hanno osservato che il cervello dei danzatori è maggiormente sincronizzato sulle basse frequenze theta, ovvero quelle implicate nelle emozioni e nei processi di memoria, fondamentali per le relazioni interpersonali e la conoscenza di sé.
Esplorando le interazioni che avvengono su vari livelli nelle aree cerebrali coinvolte quando si danza, lo studio conferma dunque come la corteccia uditiva e motoria dei danzatori professionisti si sviluppi in maniera del tutto unica. I risultati ottenuti e la metodica utilizzata potrebbero essere il punto di partenza per la valutazione dell’efficacia e lo sviluppo futuro di terapie complementari legate alla danza e al movimento nel trattamento di patologie quali il Parkinson, la demenza, l’autismo e i disturbi dell’umore.
Tratto da: http://www.unife.it/master/comunicazione
Tangoterapia, il ballo come ausilio terapeutico per i malati di Parkinson
Il ballo è un’attività che crea molteplici benefici per l’organismo umano. La danza migliora la salute emotiva e mentale in quanto consente alle persone di stare in compagnia e fisica dato che si è in perenne movimento.
Recenti studi hanno evidenziato che il ballo consente a chi soffre di problemi cardiaci di migliorare la salute del proprio cuore e la respirazione. La danza, se praticata con costanza, aiuta anche a perdere peso, aumentare la potenza aerobica, rendimento fisico, flessibilità e forza poichè costringe i muscoli a resistere al peso del corpo.
Oltre ai benefici sopra descritti ballare riduce anche i sintomi della sclerosi multipla e soprattutto del Parkinson. Stando a una ricerca americana il ballo, in particolare il tango argentino, migliora l’equilibrio e facilità i movimenti delle persone affette dal morbo.
Lo studio è stato condotto dal neurologo dell’Università di Washington Gammon M. Earhart per la Parkinson’s Disease Foundation. Lo specialista ha condotto dei test su 52 pazienti affetti da morbo di Parkinson che presentavano notevoli problemi nei propri movimenti. Sotto la supervisione dei ricercatori le persone in questione hanno imparato a ballare il tango attraverso gli insegnamenti di un istruttore.
I membri del team di ricerca americano hanno notato notevoli migliorie nel giro di poco tempo: dai test di verifica è emerso che l’equilibrio dei ballerini era notevolmente migliorato e con esso anche la deambulazione. I pazienti sono stati monitorati per circa un anno e i benefici sono stati molteplici anche nella vita quotidiana. Se prima essi facevano fatica a compiere azioni quotidiane tra cui fare la spesa e lavori domestici ora hanno meno problemi nel farlo.
Il direttore del reparto di Riabilitazione specialistica dell’ospedale Bozzolo di Mantova Francesco Ferraro è rimasto davvero colpito da questa ricerca e dai benefici che il tanto apporta ai pazienti affetti di Parkinson. Per questi motivi il dottore ha deciso di introdurre nella nota struttura ospedaliera mantovana il progetto sperimentale di tangoterapia.
A partire da aprile nella palestra dell’ospedale si tengono delle sedute terapeutiche condotte da specialisti alle quali potranno liberamente partecipare le persone affette da Parkinson. Ad oggi 11 pazienti accompagnati dai loro familiari hanno deciso di prendere parte al corso alle lezioni tenute da un insegnante di ballo volontario della durata di un’ora e mezza che si tengono due volte al mese.
La dottoressa Franca Cavalieri, fisiatra e specialista in malattie reumatiche dell’ospedale di Bozzolo ha spiegato le motivazioni che hanno spinto il personale della struttura ad intraprendere il progetto di tangoterapia: «In danzaterapia il tango è il ballo che ha più documentazione scientifica sulla sua efficacia. L’abbraccio è particolare, accompagna e comunica, in più c’è un notevole rapporto con la terra, una specie di vincolo, si scorre sul terreno e da lì si traggono energie. Di fondamentale importanza c’è anche l’improvvisazione, che stimola gli schemi motori e prevede una grossa comunicazione nella coppia. Tutti aspetti che ad un certo punto migliorano la postura, favoriscono la fluidità dei movimenti e la comunicazione corporea rallentando la progressione delle richieste farmacologiche».
L’iniziativa dell’ospedale Bozzolo è importante e di grande utilità sociale. Le persone affette da Parkinson hanno bisogno di una rete di relazione. Il tango è lo strumento adatto per non farli sentire soli e dar loro il benessere di cui hanno bisogno. Si auspica che progetti simili vengano accolti anche in altre strutture ospedaliere e che la tangoterapia prenda presto piede in tutta Italia.
Eugenio Fiorentino
Tratto da: www.liberopensiero.eu
Tango: un intimo abbraccio che fa bene al corpo e alla mente
Divertimento e, sottile, implicito lavoro sulla relazione: il tango è anche questo.
Già la tecnica, di per sé, imposta allude simbolicamente ad un modo armonico di stare insieme nella vita: il peso di ogni ballerino è spostato in avanti, nell’incontro con l’altro, e insieme la coppia acquista un suo “asse” o centro di gravità.
L’abbraccio (la posizione delle braccia e dei busti) può variare ma mantiene sempre la coerenza del movimento, della sintonia del muoversi insieme; quando è chiuso, un petto contro l’altro, i due partner si percepiscono meglio l’un l’altro e riescono a muovere i loro piedi più velocemente.
Nell’abbraccio largo (in cui i ballerini si possono allontanare ad una distanza uguale a quella del loro braccio), lo spazio consente una maggiore individualità e un lavoro, dei movimenti più articolati e ricchi sulle proprie gambe.
Nel tango c’è un leader, che conduce: tradizionalmente l’uomo. C’è chi si lascia condurre (si lascia): tradizionalmente la donna. E il bello, anche, è che entrambi sanno esprimere, interpretare, anche l’altro ruolo. Irene Thomas e Larry Sawyer, nel loro libro The temptation to Tango, descrivono il leader come colui che deve saper “condurre con sicurezza e sensibilità” (“la sua direzione è una sorta di argomento persuasivo che presenta al suo partner e per il quale attende una risposta”) mentre chi si lascia condurre deve saper “seguire con sensibilità e sicurezza”.
Tutti questi aspetti fanno del tango non solo un bel divertimento, un modo per passare del tempo facendo movimento al ritmo di una piacevole e dolcemente malinconica musica ma – in estrema sintesi – anche una buona strategia per:
- misurarsi nella relazione tra maschile e femminile
- osservarsi nella propria capacità di condurre e lasciarsi condurre
- abbandonarsi nella fiducia attiva, nella co-costruzione di un percorso
- imparare a gestire e riconoscere l’alternanza dei ruoli e delle attività
- vedere la molteplicità delle espressioni possibili
- percepire la differenza tra vicinanza e contatto e la ricchezza di possibilità espressive e di forza che entrambe le situazioni consentono quando e se si è in sintonia.
Non è poco. Ma più in dettaglio, il tango è un modo “intimo” di avvicinarsi, consente un’intimità che nasce dalla connessione necessaria per ballare insieme in modo armonico. Per questo, interpretato da due persone che stanno insieme nella vita, è perfetto: può aggiungere momenti di forte intensità e romanticismo.
Laurie Hawkes, psicoterapeuta francese che utilizza il tango come terapia, ha osservato che – per la maggior parte delle donne – l’intensità e la qualità delle emozioni provate ballando (in sintonia con un uomo) ha la stessa “tonalità” dell’innamoramento; gli uomini descrivono questa sensazione come “qualcosa di magico”.
Quindi, per chi volesse ballare non con il proprio o la propria partner sentimentale, un’avvertenza: attenzione a non confondere (con altro) le intense e profonde emozioni, piacere e sensualità che il tango di per sè consente.
Ballare il tango regala una nuova vitalità. A livello energetico si può certo dire che sollecita il secondo chakra, il divertimento e il piacere, l’intensità passionale ma ha anche un effetto complessivo rivitalizzante. Il corpo diventa più attraente, più mobile. Non è solo un’impressione: una ricerca, condotta in Brasile sul tango come terapia per la terza età, ha dimostrato come questo danzare aiuti a trascendere le limitazioni fisiche, intellettuali ed emozionali e anche i ruoli convenzionali attribuiti dalla società.
E poi c’è tutto il tema della “resa” (arrendersi in modo attivo, partecipe, volitivo, cosciente): alla musica, alla danza (che vuol dire imparare e lasciarsi fluire con le cose, con quello che accade e le sue variazioni) al maschile e al femminile (che, va ricordato, sono presenti sia nell’uomo che nella donna). Il tango è una buona rappresentazione archetipica della danza tra queste due energie e anche dei ruoli che incarnano.
Così le donne possono sperimentare la possibilità di “abbandonarsi”, il piacere di essere condotte (o la difficoltà a farlo): ed è interessante soprattutto per tutte coloro che, nella vita, devono o hanno scelto ruoli di leadership, di conduzione, che devono cavarsela da sole senza aiuto, perché possono sperimentare anche altre modalità della loro femminilità, nell’”arresa”.
Allo stesso tempo gli uomini possono fare pratica della loro assertività, della loro leadership e collegarsi così in modo non ordinario e profondo ad un maschile accogliente e capace di guidare, che si prende la responsabilità di condurre rispettando e ascoltando l’altro.
All’inizio l’approccio al tango può sembrare ostico e, se lo si impara con il proprio partner sentimentale, potrebbe diventare occasione di piccole tensioni (in questi casi una saggia strategia può essere quella di “adottare” un nuovo compagno-ballerino, fino a che non si sono acquisite le basi) ma non c’è da preoccuparsi: significa solo che il tango comincia a “smuovere” i nostri schemi relazionali (individuali e di coppia), le nostre rigidità acquisite per necessità e assorbite dall’ambiente culturale. Se non diventa un vizio, porterà nuove virtù per sè e nella coppia.
Anna Maria Cebrelli
Tratto da www.greenme.it/
Come riconoscere attraverso il tango e il partner i nostri schemi mentali e come riprogrammare la Mente
Il nostro personale sistema di credenze è formato da tutti gli schemi mentali di base su cui si sorregge la nostra intera esistenza, raccoglie tutto ciò che pensiamo di noi stessi, degli altri, della vita in generale. Sebbene si possa ritenere che tale sistema sia il risultato sensato delle valutazioni tratte dalle esperienze fatte fino ad oggi, è più corretto affermare l’opposto e cioè che le esperienze fatte fino ad oggi siano state causate dal nostro sistema di credenze. Questo è un punto chiave da comprendere se si vuole acquisire padronanza sulla propria esistenza: chi vuole aver successo nella vita (qualunque sia il campo in cui voglia ottenerlo) deve modificare il proprio sistema di credenze.
Il nostro sistema di credenza è come le fondamenta di una casa: sono nascoste alla vista, ma sorreggono l’intera struttura! In effetti ciò che noi vediamo non è mai la realtà, ma solo la nostra interpretazione della realtà. Gli schemi mentali che caratterizzano il nostro sistema di credenze: 1) modificano ed interpretano il vissuto di ogni esperienza che facciamo; 2) sono capaci di creare sempre nuove esperienze che confermano gli assunti in cui crediamo.
Solo modificando questo filtro di percezione/creazione della realtà possiamo cambiare la realtà che andremo a sperimentare. Il problema è che, a livello profondo, siamo terrorizzati dall’idea di modificare i nostri schemi mentali ed è normale che sia così… tali schemi sono ciò con cui ci identifichiamo, cambiarli significa morire e tutto sembra crollare in noi al solo pensiero di modificare tali assunti fondamentali. Eppure sono proprio loro i responsabili delle nostre sofferenze!
Ecco un esperimento che ci aiuta a comprendere meglio come funzioniamo: un barracuda venne messo in un grande acquario di vetro e nutrito periodicamente con piccoli pesci; un giorno l’acquario venne diviso a metà da una lastra di vetro ed i pesci vennero inseriti nella metà opposta a quella del barracuda. Ogni volta che il barracuda voleva cibarsi urtava il vetro; confuso e disorientato continuò per un certo periodo e poi smise ogni tentativo di cibarsi. La sorpresa avvenne nel momento in cui il separatore fu tolto ed i piccoli pesci furono liberi di nuotare ovunque nell’acquario: il barracuda continuava ad ignorarli perché ormai aveva la memoria emozionale di colpire il vetro nel cercare di afferrare i pesci. Il barracuda, quindi, moriva pur nell’abbondanza di cibo!
Quanto è fittizio lo schermo tra noi e i nostri obiettivi?
Gli esseri umani agiscono esattamente come quel barracuda: cessano di provare ad aver successo in qualche campo dell’esistenza solo perché in passato hanno fallito (oppure hanno fallito i loro genitori) e pensano che continueranno a fallire. Questo è l’enorme potere del nostro sistema di credenze, tenuto in vita dalle memorie emozionali negative del passato!
Per cambiare uno schema di pensiero è necessario: 1) prendere atto del pensiero stesso e rendersi conto che ci limita; 2) pulire le memorie emozionali che lo sorreggono; 3) riformulare un nuovo schema di pensiero che andrà alimentato quotidianamente. Se il sistema di credenze è come il pianale di un tavolo, le gambe che lo sostengono sono le memorie emozionali che l’hanno generato; è su di loro che bisogna agire in primis.
Ad es. una credenza limitante connessa al fallimento nella vita (pianale del tavolo) può essere sorretta dalle parole genitoriali che ancora rimbombano nelle orecchie: “Tu non combinerai mai nulla di buono” e/o dalla prima esperienza scolastica dove si è stati derisi e/o dalla sensazione di goffaggine nell’emulare i compagni di gioco (gambe del tavolo).
Adesso vediamo meglio come nasce il sistema di credenze e come è possibile modificarlo!
NASCITA E TRASFORMAZIONE DEL SISTEMA DI CREDENZE
- Nascita fisica “in bianco”
Quando nasciamo la nostra “lavagna psichica” è come se fosse bianca. Anche credendo nella reincarnazione è vero che, di fatto non abbiamo il ricordo delle vite passate. Anche quei bambini che invece se le ricordano, generalmente il ricordo viene perso tra i 2 e i 6 anni. - Irretimento familiare e vittimizzazione
Durante l’esperienza della nascita (ved. “La prima ferita” di Willi Maurer) e nei primi anni di vita siamo passivi di fronte a persone e situazioni esterne, per cui viviamo gli eventi da una dimensione d’impotenza. E’ il vissuto della vittima, cioè la sensazione interna di essere vittime passive delle esperienze che ci accadono. Tale sensazione potrà perdurare anche tutta la vita se non elaborata. Inoltre, fin dalla nascita, diventiamo preda di schemi di irretimento familiari, cioè di ruoli rigidi che ci vengono assegnati dal sistema familiare in modo inconsapevole, addirittura possiamo assumere su di noi schemi di comportamento appartenuti ad antenati che neppure conosciamo (vedi i principi delle Costellazioni Familiari di Bert Hellinger). - Creazione del copione di vita
Attraverso gli irretimenti ed i vissuti familiari, nel tentativo di trovare il nostro posto nell’esistenza e di sopravvivere alle circostanze difficili, ecco che sulla nostra lavagna psichica si inizia a creare un sistema di credenze; cioè degli schemi di pensiero che si cristallizzano e che ci forniranno un sistema di riferimento interno per affrontare le circostanze esterne. Ecco che stiamo creando il nostro “copione” di vita! Purtroppo questo copione è spesso colmo di affermazioni limitanti, quali: “La vita è difficile”, “Per guadagnare bisogna faticare”, “Non ci si può fidare degli altri”, “Non me ne va mai bene una”, ecc. Senza un lavoro specifico è possibile che sia mantenuto così com’è per tutta la vita. - Conferma percettiva delle proiezioni esteriori
Questo copione interiore viene quotidianamente proiettato all’esterno, secondo i principi della Legge di Attrazione e del Reality Transurfing. Per cui, senza accorgercene, non solo creiamo il mondo che ci siamo prefigurati nei primissimi anni di vita, ma andiamo anche ad adottare in modo inconscio tutti i comportamenti atti a confermare le nostre credenze. Alla fine avremo sempre delle precise riprove riguardo alle nostre credenze limitanti e le rafforzeremo sempre di più, perché l’ambiente esteriore diventerà esattamente conforme ad esse, in un modo preciso ed inesorabile. Nel libro “Un corso in Miracoli” (Ed. Armenia) è chiarito molto bene come “la proiezione genera la percezione”, cioè come la proiezione mentale delle aspettative di come sia il mondo, generi effettivamente attorno a noi un mondo corrispondente a tali aspettative e come alla fine, quindi, noi percepiamo ciò che abbiamo creato! - Disagio interiore e malattia
Un mondo creato sulla base di credenze limitanti, governato dall’inadeguatezza, dal senso di colpa, dalla mancanza e dalla paura (e soprattutto fondato sull’espressione di alcuni aspetti limitati della nostra psiche a completo discapito di tutti gli altri) non può che alimentare continui conflitti e disagi interiori, che a livello fisico arriveranno spesso a manifestarsi sotto forma di malattie. Quando tocchiamo il punto più basso di sopportazione del nostro disagio esistenziale in genere nasce una spinta interiore a rialzarci, a fare un cammino di crescita e di responsabilizzazioni: inizia la Rinascita! - Rimessa in discussione
Quando niente della realtà esterna sembra più in grado di farci stare bene e di far veramente respirare la nostra Anima, ecco che è il momento di attuare una profonda rimessa in discussione del nostro sistema di credenze. E’ un cambiamento importante, una vera e propria “Morte e Rinascita”, e come tale spaventa, ma… “Per raggiungere un luogo dove non siamo mai stati bisogna camminare su una strada che non abbiamo mai percorso”. Non tutti sono capaci di attuare un cambiamento autentico e molti si fermano già a questo punto per poi ripercorrere i sentieri di sempre. Come afferma Bert Hellinger: “E’ più facile soffrire piuttosto che trovare una soluzione!”. Smesso è necessario farsi aiutare da un terapista per evitare di ricadere nei soliti schemi. - Assunzione di completa responsabilità
Ed eccoci al tasto veramente dolente: abbiamo finalmente compreso che solo noi siamo responsabili della nostra vita e adesso dobbiamo uscire dal ruolo di vittime per assumere il ruolo dell’adulto maturo e consapevole. Accettazione e Perdono sono gli strumenti privilegiati per uscire dai ruoli vittimistici, sebbene applicarli possa non essere semplice e richieda certamente del tempo.
E’ importante a questo punto identificare i nostri schemi negativi, poiché sono loro che ci hanno portato a non essere soddisfatti di noi stessi o di ciò che facciamo ed è su di loro che bisogna lavorare. Ma come si può osservare il nostro sistema di credenze, se abbiamo detto all’inizio che è nascosto e “sotterraneo”? E’ più semplice di quanto si creda, basta infatti vedere quali sono i settori della vita in cui non siamo soddisfatti e quali eventi accadono in maniera ricorrente. Incappo sempre nel ragazzo/a sbagliato/a? Allora ho una “dichiarazione limitante” collegata alle relazioni e all’altro sesso. Non ho mai abbastanza soldi? Allora ho una o più credenze limitanti sull’abbondanza e sul denaro. Mi vanno tutte storte? Allora ho un pensiero “castrante” su ciò che mi merito dall’esistenza, e così via… - Riprogrammazione del sistema di credenze
Per creare un nuovo sistema di credenze bisogna, con pazienza, “fecondare” con nuove convinzioni il piano mentale causale (cioè il livello mentale che causa gli eventi materiali). Per riuscirci correttamente bisogna sia lavorare sulla pulizia delle memorie emozionali negative, sia instillare nuovi circoli emozionali alleggeriti dagli eccessi di pensieri ripetitivi, ossessioni e loop mentali. Per il primo punto sono molto efficaci tutte le tecniche di defusione emozionali o la danza, che riporta il contatto alla parte più profonda, pura e sinceramente positiva delle nostre emozioni e quindi un naturale contatto con il nostro vero sé senza il filtro del pensiero razionale o giudicante. - Verifica dell’efficacia del lavoro interiore
Giorno per giorno, settimana per settimana, mese dopo mese, i nuovi schemi cominciano a produrre i loro risultati all’esteriore, questo permette di dare fiducia al processo di riprogrammazione, verificando i progressi e facendo anche eventuali correzioni di rotta. Così come il copione dell’infanzia veniva rafforzato ogni volta che la realtà esteriore si confaceva alle nostre aspettative negative, adesso la realtà si plasma positivamente sulla base delle credenze positive alimentate da una corretta riprogrammazione! - Equilibrio psichico e guarigione
Terminata una intera fase di lavoro su noi stessi otteniamo: maggior equilibrio psichico, armonia e fiducia interiore e spesso anche guarigione a livello fisico!
Liberamente tratto da www.scienzenoetiche.it
Alcuni suggerimenti bibliografici utili acquistabili su Amazon: